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Glastonbury Festival: Music is Life

Autore: Rodolfo Urbinati

Nella magica terra di Glastonbury, dove pagano e religioso si incontrano senza problemi, gli dei dell’olimpo del Rock compiono l’ennesimo miracolo in questo luogo dove stregoni, poeti, sognatori, religiosi hanno lasciato un segno da secoli.

Il pellegrinaggio di migliaia di appassionati di musica rock ha avuto inizio qualche giorno prima del 24 giugno, data di inizio della tre giorni di Glastonbury Festival, con l’arrivo nella sola giornata di giovedì di 41.000 tende e 8.000 auto.
La presenza stimata nella tre giorni di festival è stata di circa 175.000 presenze e noi di U2place eravamo presenti per seguire ovviamente gli U2 ma anche per raccontarvi l’atmosfera e il ‘way-of-life’ del festival che ci ha lasciato sorpresi ancor prima di arrivare alla leggendaria Worthy Farm, vicino a Pilton, a 6 miglia di distanza dalla famosa Glastonbury.

Giovedì 23 giugno parte la prima esplorazione dell’immensa fattoria per vedere come organizzare la giornata di venerdì che avrebbe visto la presenza per la prima volta degli U2 ad uno dei festival più importanti al mondo per la musica Rock. L’organizzazione britannica del festival non lascia delusi e appena arrivati all’ingresso principale ci troviamo davanti una marea di fango ed erba ma decine di persone dell’organizzazione pronte ad indirizzare con consigli e aiuti chiunque avesse bisogno di un’informazione.

L’immenso parco dei divertimenti si snoda tra sentieri infangati e migliaia di tende intervallati da tendoni con musica dance, techno e underground con stage veri e propri per musica rock di vario genere.
Il nostro primo obiettivo è raggiungere il famoso Pyramid Stage dove gli U2, i Coldplay e Beyoncè saranno gli headliner nelle giornate di venerdì, sabato e domenica.
Con non poca fatica, a causa della sterminata quantità di fango presente in qualsiasi angolo, raggiungiamo lo stage principale dopo quasi due ore dall’arrivo e qui possiamo notare immediatamente come l’atmosfera sia carica di elettricità già 24 ore prima dello show degli U2.
Fans, bancarelle, merchandising vari non si contano, come non si contano personaggi variopinti e eccentrici che si aggirano per il festival vestiti e dipinti (body-art) in ogni maniera.
La nostra serata sopralluogo si conclude con un dj-set al “Spirit of ‘71 Stage”, un palco che ricostruisce il palco iniziale del primo festival del 1970-1971 anche qui pieno di personaggi mistici e curiosi che salutano il sole al tramonto nelle maniere più pittoresche dietro le colline di Pilton.

Ed eccoci arrivati al grande giorno del 24 giugno, la giornata che per noi fan degli U2 ha più importanza.
La lista degli artisti presenti oggi sulle decide di stage e tendoni, non si conta e a sorpresa la presenza dei Radiohead al Park Stage lascia indecisi molti appassionati di musica se seguire i Radiohead alle 20.00 o restare nei paraggi del Pyramid Stage per lo show degli U2 alle 22.00

Già dal mattino al Pyramid Stage abbiamo avuto il piacere di ascoltare i Metronomy, un interessante gruppo elettronico, i Two Door Cinema Club, gruppo indie-rock dell’Irlanda del Nord, il collettivo rap newyorkese dei Wu-Tang Clan (che sinceramente abbiamo seguito distrattamente tra una birra e l’altra...).
La prima interessante presenza al Pyramid Stage è arrivata con B.B. King, il re del blues, con la sua immancabile Lucille. Il “vecchio” Re, una volta sedutosi, ha incantato la platea con 1 ora di musica e di assoli che, alla sua età, non sono sembrati per niente banali da eseguire... onore e gloria al re del blues che, come molti di voi sapranno, ha inciso ‘When Love Comes To Town’ con gli U2 per Rattle And Hum.
Non vi neghiamo che in molti, anche attorno a noi, hanno sperato in un duetto improvvisato con Bono e The Edge sul palco ma purtroppo (o per fortuna visto che sarebbe stato forse scontato) non è avvenuto.
Successivamente al Dottor. King è salito sul palco il gruppo scozzede Biffy Clyro che ha incendiato molti dei presenti e ha scaldato la folla prima dell’enigmatico ma bravissimo Morrisey alle 20.00.

E dopo un’attesa di 2 ore esatte eccoci al racconto dello show degli U2, probabilmente la più grande rock band del pianeta in attività (ok siamo di parte ma non ci allontaniamo di molto dal giudizio).

… lights go down... ore 22.00, è cominciato puntuale lo show degli U2 con la splendida intro di David Bowie (quarantennale della prima apparizione di Bowie a a Glastonbury): Space Oddity, a cui gli U2 avevano abituato i loro fan durante le aperture degli show del 2009. Come consuetudine la band è salita sul palco un componente alla volta: Larry, The Edge, Adam Clayton e alla fine Bono.
Scatti e flash dello ZooTv, la mosca sullo schermo e la batteria di Larry con la chitarra di Even Better Than The Real Thing aprono lo show... “Take Me Higher” è quello che continua a ripetere Bono nel microfono ed è quello che tutti gli spettatori stanno per vivere, stanno per essere trasportati via dalla magia di una rock band irlandese nella magica terra di Glastonbury.
Nemmeno il tempo di rendersi conto che la navicella spaziale U2 (anche senza Claw) è partita e ci si trova proiettati quasi a sorpresa nel 1992/1993 durante gli show dello ZooTv / Zooropa Tour. Sei megaschermi proiettano a velocità assurda le scritte che abbiamo sempre visto durante gli show dello ZooTv per The Fly.
Con il “The Claw” siamo stati abituati a non avere più l’impatto di una scenografia “piatta” dietro alla band con immagini e animazioni ma siamo stati abituati a guardare il megaschermo circolare appeso al tetto del Claw. Qui invece, con un palco semplice ma funzionale la band è ritornata a scuotere lo spettatore con immagini, scritte e suoni riunite vorticosamente come nel tour che forse più di tutti ha interpretato il cambiamento della società degli anni ‘90: lo ZooTv.
In quel momento molti dei presenti hanno potuto rivivere, ovviamente in minima parte, le emozioni e lo stupore di chi negli anni ‘90 ha invidiabilmente potuto assistere a questo tipo di show.
La performance di The Fly è stata una dei momenti migliori del concerto ed è riuscita a riscaldare le migliaia di persone che sotto la pioggia e il fango hanno aspettato la band irlandese per poter “toccare” con mano la potenza e la forza travolgente del loro sound.
Tutta la prima parte dello show è stata un trionfo del loro più grande successo Achtung Baby: Mysterious Ways e Until The End Of The World hanno portato avanti lo show con grande energia culminata con la “scenetta” di Bono che sfida The Edge durante il finale di Until The End Of The World.
A questo punto ci siamo trovati davanti una One cantata pressochè da tutto il pubblico presente e al termine della stessa Bono ha sorpreso il pubblico inglese cantando la “ballata” di William Blake Jerusalem, scritta proprio a Glastonbury, che ha introdotto una delle canzoni più emozionanti degli U2: Where The Streets Have No Name.
Schermi rossi come nel Lovetown Tour ed esplosione di luci poco dopo. A questo punto ci saremmo aspettati un momento “relax” e invece la band ha ben pensato di infuocare il Pyramid Stage con la bellissima I Will Follow che ha visto coinvolti quasi di più gli ascoltatori occasionali degli U2 che i fan stessi presenti data la carica che questa canzone porta con sè.
I Still Haven’t Found What I’m Looking For non ha avuto bisogno di presentazioni: il pubblico ha cominciato ad intonarla e Bono ha lasciato fare come suo solito... la mente (per noi presenti) è volata subito indietro nel tempo a Roma 2010 e alla coreografia che abbiamo organizzato allo stadio Olimpico di Roma proprio durante la canzone.
Successivamente la band ha riproposto la meravigliosa “Stay (Faraway So Close!) scritta a Berlino: la cosa più sorprendente dello show, fino a questo punto, è stata il fatto che nessuna delle canzoni suonate è stata scritta più tardi del 1990-1991 (sappiamo che Stay era una traccia per Achtung Baby finita poi in Zooropa nel 1993). Forse, anche per questo motivo, molti spettatori non fan degli U2 e di una certa età, sono stati coinvolti oltre ogni aspettativa.
Ed eccoci al gruppo di canzoni forse più note agli under-30: Beautiful Day, Elevation, Get On Your Boots (mai titolo più azzeccato in questa occasione fangosa), e Vertigo. A smentire il fatto che gli U2 avrebbero potuto ricevere pomodori e patate sul palco in occasione di queste canzoni più ‘commerciali’ ed orecchiabili c’è il fatto che probabilmente sono state le canzoni che più hanno scatenato la folla presente allo show.
A riportare in carreggiata il fan più romantico è bastato il primo accordo di Sunday Bloody Sunday, una canzone che gli U2 hanno scritto nel lontano 1983 e che più avvicina pericolosamente i sentimenti irlandesi/inglesi.
Bad, la canzone che in uno dei festival più importanti degli anni ‘80 (il live Aid) aveva proiettato gli U2 nell’Olimpo del Rock), ha seguito a ruota Sunday. Da una Bad sotto la pioggia qualche fan incallito si sarebbe aspettato di più visto che gli U2 hanno sempre centellinato la presenza di questa canzone durante il 360 Tour, ma possiamo dirci soddisfatti comunque della presenza seguita da Pride, un altro inno che ha reso famosi gli U2 negli anni 80!

Dopo una breve pausa gli U2 hanno riaperto lo show con With Or Without You, per cui non ci sono rimaste più parole, se non lo snippet di Love Will Tear Us Apart come negli show degli anni ‘80...
“turn off the lights willie”, è questo l’”ordine” di Bono allo show designer, spegni tutte le luci Willie (Williams)... e qui che Bono rende omaggio al prossimo headliner di sabato (i Coldplay) con la bellissima Yellow, lo snippet prima di introdurre la canzone di chiusura Moment Of Surrender che, dobbiamo ammettere, in pochi conoscevano...
Ma la sorpresa più grande, che arriva come il finale inaspettato di un film comincia con un “One More!” gridato da Bono sul palco.
Quel “One More” riporta indietro di dieci anni, a quello storico 21 luglio 2001 di Torino. Quando sempre in questo modo gli U2 chiusero quello che ancora oggi, personalmente, reputo il miglior show che abbia mai visto: Torino 2001.
E proprio come quella volta Larry e Adam cominciano “The First Single”... OUT OF CONTROL. La gioia incontenibile dei fan più incalliti è riuscita a contagiare anche i presenti che non conoscevano Out Of Control e Bono ha saputo concludere questo meraviglioso show lasciando di stucco tutti... Lunga vita agli U2 e lunga vita ai Festival come questo: music is life.

Ed ora un po di emozioni sparse dopo un racconto cronologico che forse molti di voi hanno avuto modo di vedere anche in tv. I momenti da ricordare di questo festival:
- Il sole inaspettatamente troppo caldo della campagna inglese appena arrivati.
- L’elettricità magica delle persone presenti al festival.
- Lo spirito di condivisione delle persone (nessuna fila ansiosa per assistere ad un qualsiasi artista)
- La cordialità di chi ha lavorato per il festival
- La spontaneità di chi ha piazzato la tenda anche nei posti più impensati pur di vivere ‘dentro al festival)
- Il fango che ci ha fatto compagnia diventato quasi simpatico
- La birra a fiumi
- I compagni di festival con cui ho condiviso risate e grandi momenti (andrea, marco, zambo e federico)
- Rivedere per il terzo anno di fila la band su un palco che non fosse il claw
- La magia che gli U2, quando sono insieme, riescono a sprigionare
- The Fly, che mi mancava troppo
- Out Of Control che mi ha fatto ritrovare le energie dopo una giornata devastante
- Gli inglesi e la loro organizzazione anche in condizioni estreme
- La pioggia incessante di 10 ore, mi manchi
- Bono, Edge, Larry e Adam, ancora loro che riescono ad emozionarmi anche nel momento in cui vorrei criticarli... perchè siete come un’amore infinito, a volte vi odio, poi basta un lampo nel buio, una corda pizzicata di un basso o di una chitarra e una strofa intonata da quel nano antipatico per farmi commuovere ancora una volta.
Senza quello che gli U2 mi hanno dato non ci sarebbe stato U2place, non ci sarebbero tanti amici, anche quelli persi per strada... si chiude così, per il 2011, il mio personale U2 tour, iniziato per caso nel settembre 1997 a Reggio Emilia...

Un grazie a tutti coloro che hanno avuto la pazienza di leggere tutto, probabilmente alcuni si saranno annoiati, un grazie a Lucia Fofi (she knows) e un grazie ai “maledetti” U2. Grazie.


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