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Zoom On Music: "Discovery" dei Daft Punk

Tags: 2012, zoom on music, gennaio, daft punk, discovery, guy-manuel, thomas bangalter, one more time

Discovery
Daft Punk





Anno: 2001
Prodotto da: Thomas Bangalter, Guy-Manuel de Homem-Christo
Registrato: Parigi
Formazione: Guy-Manuel de Homem-Christo,Thomas Bangalter

Tracklist 

On More Time
Aerodynamic
Digital love
Harder, better, faster, stronger
Crescendolls
Nightvision
Superheroes
High life
Something about us
Voyager
Veridis Quo
Short Circuit
Face to face
Too long

“We’re human, after all” (Daft Punk)


Al di là dell’aspetto robotico che il duo parigino assume durante alcune delle sue performance, Guy-Manuel e Thomas sono umani al 100%, e forse al di là di ogni aspettativa anche la loro musica lo è di più di tante formule sonore più convenziali e hand-played. Per la musica dei Daft Punk, potremmo creare decine e decine di etichette, dance, techno, synth-pop, house-music, più largamente musica elettronica e via dicendo; tutto sommato le possibili classificazioni sono tutte calzanti ma Discovery, targato 2001, se ne emancipa a pieno titolo poiché è soltanto e semplicemente un grandioso album pop, anzi una entità pop legata a doppio filo con la sua controparte visiva e la sua dimensione dance, insomma 3 in 1.

Discovery si apre forse con il brano più famoso dei Daft Punk: One More Time è una hit da discoteca in cui ritroviamo tutti gli ingredienti tipici dei francesi, grande gusto melodico, reiterazione del motivo portante, ritmiche molto prossime al dancefloor. Cosa ricordano le chitarre hardrock di Aerodymanic e le lugubri campane iniziali? Niente di più ovvio per un duo elettronico, un po’ Van Halen e un pò Bach, il tutto su un sample tanto semplice quanto irresistibile. Il disco continua con Digital Love che sembra uno spot pubblicitario radiofonico della tv francese anni ’80 e non meno una nuova reinterpretazione di Video Killed Radio Star dei famosi quanto passeggeri Buggles. Con Harder Better Faster Stronger si vira verso il versante più dance dei Daft Punk, non siamo distanti anni luce dal precedente Homework, ma il minimalismo lascia il posto ad un accenno di forma canzone e le classiche voci distorte si fanno più insistenti. Dai futuristici fraseggi blues di HBFS ci si sposta nei dintorni di Rio De Janeiro, gli urli gioiosi e le ripartenze di Crescendolls sono un samba composto nel 2035. Nightvision è il pezzo in cui la pista da ballo si svuota per far riposare il popolo in festa, siamo in territori ambient al di là dei Pirenei. Il tempo di un vodka lemon e si torna tra fasci multicolor perché Superheroes e High Life sono un 1-2 terrificante per coloro ai quali all’ascolto di un disco piace unire una serie di movimenti più o meno coordinati degli arti superiori ed inferiori: il primo è un brano killer che in 10 secondi trova stabile dimora nella testa dell’ascoltatore, melodia “percussiva” ed un finale in crescendo ed epico insolito per un brano da dancefloor; il secondo appare come un riuscitissimo brano house in cui fanno esordio voci femminili. Il lato A farà storia, rivolgersi a Confessions on a Dance Floor di Madonna. Arriva finalmente il “pezzo normale”, Something About You recupera un mood più sommesso, un cantato lineare quasi naturale e arrangiamenti a metà tra il soul e quell’ambient lounge di gusto vagamente jazzy. Vojager è senz’altro uno dei motivi per cui Discovery andrebbe ascoltato, i bpm sono risaliti e la linea melodica disegnata dal synth farebbe morire di invidia i migliori autori pop della scena inglese anni ‘90. Veridis Quo stravolge Moroder, alla drum machine si sovrappone un synth alla Rondò Veneziano, l’apoteosi del pop. Short Circuit appare come la colonna sonora di un b-movie anni ’80 con i suoi suoni volontariamente démodé e kitch. Il disco si congeda con Face to Face e la Too Long (che paga un credito a Prince), recuperando pattern melodici ispiratissimi e reiterandoli lungo tutta la durata dei brani: le luci soffuse di un club più o meno esclusivo diventano via via più fioche, io mi limito a togliere le cuffie e a scendere dall’astronave.

Viaggio tanto interstellare quanto terreno, in Discovery tutto è amalgamato alla perfezione da questi signori parigini che confezionano un album dalla rara perfezione estetica e dalla magistrale stratificazione sonora. Discovery non è mai però esercizio di stile, bensì una rielaborazione inedita di decenni di musica pop, rock ed elettronica . I Daft Punk giocano a fare i Tarantino della musica elettronica. Citano, elaborano, reinterpretano anni ed anni di ascolti, tagliano e cuciono e la loro regia è degna della statuetta d’oro, quelle che si danno a febbraio. Discovery più che una vera e propria scoperta si manifesta con una riscoperta del vintage, quello meccanico, suonato, elettrico, elettronico: un grande archivio che viene mixato e buttato in quella turbina di creatività marchiata Daft Punk. Tutto sembra nuovissimo di zecca.

Discovery è un lavoro da ascoltare in cuffia con una birra, ma consono anche ai volumi elevatissimi delle discoteche. Allo stesso tempo è “voce narrante” di un singolare progetto cinematografico. Troppo nostalgici per Terry Gilliam e troppo leggeri per Kubrick, Discovery diventa colonna sonora del film giapponese di animazione Interstella 5555 (realizzato da Leiji Matsumoto autore del celebre Capitan Harlock) decretandone in parte il successo tra i cultori del genere.

Disco dal gusto fortemente retrò, pervaso costantemente da una vena nostagica e nel quale troviamo le più svariate influenze, si inserisce allo stesso tempo prepotentemente nell’immaginario collettivo della scena elettronica europea e di oltreoceano post 2000. Correva l’anno 2005 quando James Murphy con i suoi LCD Soundsystem omaggiano con il famoso brano “Daft punk is playing at my house” il duo francese. L’ultimissimo guru dell’elettronica Flying Lotus ne subisce l’influenza nel suo caleidoscopio musicale Cosmogramma. Bristol scene, Madchester scene, Miami scene, elettronica francese tutte hanno contribuito alla realizzazione di Discovery ma ognuna di esse si è arrichita con Discovery. Le reciproche influenze con i connazionali Air e M83 furono notevoli, con i primi i Daft Punk condividono le atmosfere rarefatte di alcuni episodi, con i secondi l’insistenza dei leitmotiv nelle composizioni.

I Daft Punk sono un marchio di fabbrica riconoscibile dopo un paio di millisecondi, è un loro pregio, alla lunga forse sarebbe diventato un difetto, nel 2001 però il loro marchio di fabbrica nonché l’imponente cultura musicale confluiva in Discovery, un gioellino pop adatto ai bambini di 6 anni quanto agli adulti di 60, pop nell’accezione nobile del termine. Buon ascolto, buona visione e buon viaggio interstellare! Oppure palla di cristallo…One More Time!

zooman


Scritta da: Staff il 13/01/2012

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