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McGuinness: U2 n°5 da La Stampa di Torino

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Riportiamo un articolo giornalistico apparso sul quotidiano La Stampa di Torino:

Paul McGuinness ha 59 anni ed è un irlandesone alto e robusto che non fa certo pensare agli swinganti raduni dei concerti. Eppure, nel mondo del rock, è una leggenda quasi quanto gli U2 di cui è manager da 32 anni, avendone accompagnato l'ascesa e l'esplosione a livello mondiale. In molti lo definiscono il quinto U2: ma nell'ufficetto dentro lo stadio Olimpico dove prepara il ritorno dal vivo dei quattro ragazzi, venerdì 6, qui a Torino, dopo l'incidente a Bono in Germania a fine maggio, si schermisce e mostra il lato umano del mestiere. «Vede questi pochi mobili? Debbono essere sempre messi nello stesso modo, qui come a New York o alle Hawaii o Istanbul. Perché girando così tanto, devi fare le stesse cose ovunque per non sbarellare. Anche Bono deve saltare sempre nello stesso posto». Si gira verso l'enorme valigia-armadio alle sue spalle, apre il secondo cassetto e tira su soddisfatto una manciata di grandi paglie: «Ecco, vede? Tutti i miei cappelli sono qui, è rassicurante».

Mr. McGuinness, racconti subito come sta Bono.
«Era un'ernia del disco. Si è paralizzato mentre stava facendo ginnastica. Abbiamo dovuto aspettare questo luminare tedesco, Muller Wolhlfart, che era in Sudafrica con la Nazionale di calcio: stavamo attenti per forza al Mondiale, e la Germania vinceva sempre e lui non tornava, uno stress. Comunque è andato tutto bene. Certo, ho dovuto avvertire del rinvio un milione di persone in America, ci rifaremo nel 2011, e mi sa anche l'anno dopo».

Lei viene definito il quinto U2
«Gli U2 sono miei clienti, non partner. Ma sono clienti responsabili, che ormai sanno tutto. Sono brillanti, ambiziosi, talentuosi, sia in disco che in live e pure nel business. E ci vuole anche un talento militaresco, di disciplina, per avere successo in tutti i paesi, come loro».

L'Italia li ama molto, più di altri paesi.
«Per noi l'Italia è importante perché è hot, entusiasta. Quei poverini a Helsinky, che non hanno neanche la notte, come farebbero ad essere incandescenti come voi? E poi Bono ha tanti amici qui: lo era di Pavarotti, e ancora di Zucchero: hanno fatto qualcosa insieme, per il nuovo disco. E infine gli italiani sono gente sensibile, e il lavoro degli U2 è molto puntato sulle emozioni».

Il suo Bono, caro McGuinness, sottrarrà tempo alla musica, con tutte le sue attività politiche. Non manda per aria i vostri piani?
«Bono è un individuo complesso, e ci direbbe che il lavoro politico e la scrittura sono interdipendenti. Ma come figura politica attrae più antagonismo che se fosse semplicemente un artista. Invece è una figura carismatica, ha amici politici di spessore come Clinton, e pure Obama lo ha voluto per il suo insediamento, un grande onore».

Gli U2 si sono attirati anche un sacco di critiche, quando hanno scelto di risiedere in Olanda per via delle tasse.
«Viviamo non solo a Dublino, ma in Francia, a Londra, a New York. Solo il 2 % del fatturato viene dall'Irlanda, e ovunque paghiamo le tasse. Siamo un business, e non paghiamo più tasse del necessario perché cerchiamo l'efficienza. L'Olanda ha una legge più favorevole per le royalties, che scandalo c'è?».

E che futuro c'è per la band?
«Ovviamente non vogliono smettere, il pubblico è interessato, perché fermarsi? All'inizio, tanti anni fa, ho detto loro: "Per fare un buon lavoro dovete anche esser bravi negli affari. I Beatles, gli Stones, Elvis, hanno fatto gravi errori nel business". Loro invece hanno capito».

Quando ha intuito che sarebbero diventati dei big?
«Al Live Aid del 1985. A un certo punto Bono sparì alla vista. Seguiva una telecamera, e si perse tra la folla, mentre gli altri continuavano a suonare sul palco. Anche pericoloso. Io ero a Firenze, comprai i giornali inglesi e capii che c'era stata la svolta. E poi, nel gennaio '87, quando uscì Joshua Tree, eravamo ancora con un'etichetta indipendente e andai al Midem. Lo facevo ascoltare a tutti ed ebbi reazioni molto dirette ed entusiaste: a marzo, eravamo dovunque al numero 1».


 

La Stampa - Torino 1/8/2010 ----->

Scritta da: Rudy il 02/08/2010

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